Topic 1 La partecipazione come strategia al servizio di uno sviluppo più umano

Fino a pochi anni fa, l’attuale paradigma di sviluppo si concentrava sul benessere e sulla crescita economica come mezzo per ampliare le opzioni, i diritti e le libertà delle persone. Individui e società erano considerati ricchi o poveri, sviluppati o sottosviluppati, produttivi o improduttivi, legali o illegali, istruiti o analfabeti, inclusi o esclusi, centrali o periferici… perché gli indicatori e le strategie si concentravano quasi esclusivamente su un’unica opzione: il reddito e, con esso, l’opportunità di accedere a beni di consumo considerati di base e la capacità produttiva delle persone. Ma nessuno si interrogava sul benessere delle persone, sulle loro capacità, sulla loro felicità o soddisfazione per queste strategie.

Lo sviluppo come modello prometteva che, attraverso la combinazione di azioni statali e individuali, e la combinazione di capitale e tecnologia, la povertà e l’arretratezza dei paesi meno sviluppati e dei gruppi più svantaggiati sarebbero state ridotte a poco a poco.

Il mondo concettuale dell’economia che si imponeva sull’idea di sviluppo continuava a spiegare le crescenti anomalie di natura globale come effetti secondari e non come conseguenza di un regime internazionale strutturalmente esclusivo e diseguale.

Ma fortunatamente, l’esperienza, spesso frustrata o con risultati limitati, di altre politiche e progetti di sviluppo per combattere la povertà e l’esclusione sociale ha lasciato come risultato favorevole la conferma che la partecipazione sociale e comunitaria può avere potenzialità molto importanti per ottenere risultati significativi in termini di convivenza, inclusione ed equità.

In questo modo, la partecipazione è stata collocata in una cornice diversa rispetto ai decenni precedenti. Oggi nessuno oserebbe opporsi al discorso partecipativo. Non si tratta più di una discussione tra utopisti e anti-utopisti. Dire che la partecipazione non è necessaria, buona, pertinente, utile, ecc. significherebbe disconoscere l’apparente consenso che esiste in suo favore e, oltre a questo, sarebbe andare contro il discorso prevalente della democrazia. Al contrario, sembra esserci un ampio consenso a livello nazionale e internazionale sull’importanza della partecipazione come elemento che contribuisce al rafforzamento della cittadinanza, della democrazia e dell’esercizio delle politiche pubbliche.

Per i nuovi approcci allo sviluppo, le persone occupano ora un posto centrale. Lo sviluppo viene analizzato e compreso in termini di persone e di pacchetti di politiche che, pur con variazioni tra i diversi Paesi e organizzazioni, hanno alcune caratteristiche comuni:

  1. L’obiettivo è migliorare la vita delle persone, non solo espandere i processi produttivi.
  2. Una società deve sviluppare le capacità umane, ma anche garantire un accesso equo alle opportunità. Non si tratta solo di formare le competenze (migliorare la salute, l’istruzione…), ma è importante anche l’uso che le persone fanno di queste competenze, che si tratti di occupazione, di affari politici o di tempo libero…
  3. Le persone sono sia il mezzo che il fine; non possono essere viste come semplici strumenti o destinatari di un “progetto di gestione”. Dobbiamo prestare attenzione al processo, affinché sia sostenibile, egualitario, in modo da generare una “proposta collettiva” flessibile che formi e responsabilizzi le persone.

In questa prospettiva, lo sviluppo condividerà le stesse coordinate con la partecipazione, collocandoci sulla mappa sotto altre coordinate diverse da quelle tradizionali:

Per questo motivo, quando si parla di partecipazione, quando si progettano e formulano le nostre strategie e i nostri programmi, è importante tenere conto di cosa sia lo sviluppo (sociale e comunitario) e di quale sia il paradigma in cui ci stiamo muovendo. Non possiamo isolare la partecipazione dal suo contesto (lo sviluppo), né perdere di vista il fatto che l’inclusione delle persone nelle strategie di partecipazione sociale sarà determinata da un’esperienza storica, da un modello culturale e da un contesto sociale che definisce l’itinerario di queste persone in relazione a un ruolo, una posizione, una classe… Non esiste un’unica formula o definizione di partecipazione che possa essere applicata in tutti i casi; essa dipenderà dalle condizioni culturali e sociali di ciascun contesto, nonché dalle caratteristiche, dalle competenze, dai bisogni e dagli obiettivi specifici di ogni persona, gruppo e comunità.