Come è stato discusso nel corso di questo capitolo, il concetto di partecipazione è un concetto polisomico che è soggetto a molteplici interpretazioni mediate da interessi, da posizioni di potere, da ideologia, da valori, da posizione sociale, da posizione all’interno di strutture amministrative e organizzative, ecc.
L’uso o l’abuso del concetto è, quindi, vario; e la sua intensità, profondità o radicalità, perdono di contenuto nella misura in cui la partecipazione è intesa più come strumento per legittimare o accomodare se stessi in posizioni di potere (cioè per raggiungere i propri fini), oppure può guadagnare intensità, profondità e radicalità, se è considerata come un processo, dove ciò che è significativo è il processo stesso, la partecipazione stessa intesa come obiettivo in sé e non come strumento per raggiungere fini privati ma pubblici.
Di conseguenza, si presentano molteplici contingenze, diversi modi di intendere lo sviluppo della partecipazione a seconda del grado di intensità della comunicazione relazionale tra le diverse parti.
Per conoscere i diversi livelli di partecipazione esistenti (tenendo conto dei due approcci predominanti alla partecipazione, uno più strumentale, l’altro più sostanziale o “dal basso verso l’alto”), vi suggeriamo di utilizzare uno strumento che è stato utilizzato da diversi agenti ed enti e che si basa sulla proposta elaborata nel 1969 da Sherry Arnstein ed esposta nell’articolo “Una scala di partecipazione dei cittadini”.
Partendo dalla scala della partecipazione di Arnstein, Roger Hart ha sviluppato una proposta di scala con otto gradini o livelli che permettono di localizzare i processi di partecipazione: è dal quarto livello che si ritiene inizi la partecipazione autentica.
In questa scala, vediamo che ciò che determina realmente la partecipazione delle persone è il grado di decisione che esse hanno nel processo. E ci dice come sia possibile passare gradualmente da una passività quasi totale (essere un beneficiario) al controllo del proprio processo (essere un attore dell’autosviluppo). Questo vale sia nelle relazioni tra i membri di una comunità e le amministrazioni pubbliche, sia all’interno delle organizzazioni sociali.